L’a.s.d. Pallavolo Valli di Lanzo da trent’anni promuove la pallavolo giovanile e senior, maschile e femminile sul territorio del ciriacese e delle valli di Lanzo.
A partire da un capillare lavoro svolto all’interno delle scuole con progetti che coinvolgono scuole dell’infanzia, primarie di primo e di secondo grado, inizia un percorso di accompagnamento dei ragazzi: dalla gioco motricità, all’insegnamento dei fondamentali nei Centri di Avviamento alla Pallavolo, fino ad arrivare all’agonismo sportivo nelle squadre che abbracciano tutte le categorie dall’under 12 alla serie B nazionale maschile.
Negli ultimi anni allo storico settore maschile si è affiancato un settore femminile che, al termine del percorso giovanile, presenta seconda e prima divisione. A tutta questa offerta, per permettere ad ogni bambino di rispettare i propri peculiari tempi di crescita, sono state affiancate squadre UISP in cui ognuno può esprimere le proprie potenzialità.
L’attuale assetto conta oltre 250 tesserati e molti appassionati e dirigenti che aiutano la società a crescere e cercare sempre nuovi stimoli. Il riconoscimento del Marchio di Qualità del Settore Giovanile e di Scuola Federale di Pallavolo sono momenti importanti che stimolano a proseguire il lavoro nell’ottica di un approccio sempre più qualificato al gioco della pallavolo e sempre più legato al territorio e alle istituzioni con la forte volontà di continuare a crescere nei numeri e nella qualità.
PROGETTO SPORT E SALUTE
Cultura in movimento
Per un un’associazione sportiva che svolge gran parte della propria attività a contatto con ragazze e ragazzi in età pre- adolescenziale ed adolescenziale è ben evidente il valore culturale e sociale dell’attività fisica svolta con continuità nell’ambito di gruppi organizzati, attività in grado di agevolare stili di vita “sani” ed adeguate capacità di relazione personali.
La nostra esperienza di palestra ha evidenziato tuttavia nel tempo un incremento della sedentarietà e una riduzione della pratica di attività fisica in tutte le fasce di età con diffusa riduzione delle capacità motorie, fenomeni questi accompagnati in taluni casi da alimentazione non corretta con conseguente aumento di peso, presupposti del manifestarsi di importanti patologie nei confronti dei quali la prevenzione risulta fondamentale.
Tali dinamiche sono accompagnate dalla continui stimoli da parte dei media relativi al rapporto con il proprio corpo, tendenti ad esempi di perfezione spesso irreali, perché “artefatti” da programmi di grafica o da chirurgia estetica, che possono stimolare sensazioni di inadeguatezza ed insoddisfazione in particolare nelle giovani generazioni.
Da tutto ciò nasce l’idea di un’iniziativa in grado di valorizzare e porre in evidenza le esperienze positive vissute quotidianamente in palestra, ricercando ed ottenendo la collaborazione di importanti figure professionali in grado di integrare con la propria competenza l’attività specifica degli allenatori PVL al fine di poter mettere a disposizione le esperienze positive consolidate ed ampliare la ricaduta delle buone pratiche nei territori in cui si svolge la nostra attività.
Il punto di vista del medico dello sport
Dottor Piero Astegiano, Direttore dell’Istituto di Medicina dello Sport FMSI CONI di Torino. Già Medico Federale Regionale del Tennis, Medico Nazionale e fondatore della Federazione di Arrampicata Sportiva Italiana, Promotore di intensa attività fisica in Montagna: rilevante attività di Pubblicazione e di partecipazione a Congressi e Convegni collegati alla mia attività lavorativa di Specialista in Medicina dello Sport da 35 anni
La Medicina dello Sport italiana è una delle più importanti a livello mondiale, diffusa capillarmente sul territorio attraverso la Federazione medico sportiva che è una branca del CONI, a cui afferiscono tutti coloro che si occupano di sport e delle sue molteplici patologie.
In effetti, essa è nata soprattutto per curare gli atleti Olimpici infortunati, oppure per valutarne il livello di efficienza fisica od, ancora, per concedere l’idoneità agonistica a norma di legge, come recita l’indicazione prima e tuttora valida del 1971.
Con il tempo, la Mission Federale è andata in parte modificandosi, estendendo le visite specialistiche medico-sportive alla grande massa di atleti appartenenti alle Federazioni sportive, che comunque, ed annualmente, devono a tutt’oggi avere il certificato di idoneità confermato dalla batteria degli esami clinici e strumentali effettuati (1982). Ed ancora si è iniziato, un proficuo rapporto con le scuole per valutare lo stato di efficienza fisica di questa importante popolazione, l’eventuale problematica del sovrappeso, la conoscenza del Doping e delle sue implicazioni sulla salute, al di là dell’influenzare i risultati sportivi con l’utilizzo di sostanze proibite.
Recentemente, poi, l’obiettivo della Medicina dello sport è divenuto di tipo prettamente culturale: promuovere l’attività motoria ancor più di quella sportiva, curare con maggiore attenzione l’alimentazione, effettuare un’attenta prevenzione nei confronti di molte malattie, utilizzare il movimento addirittura come terapia. Ma perché ciò? Gli anni novanta hanno visto incrementare la sedentarietà e ridursi la pratica di attività fisica a tutte le età, con il diffondersi della “ipocinesia” o riduzione delle capacità motorie: emblematica la ricerca dell’Istituto che rappresento, su una popolazione giovanile risultata meno efficiente in senso aerobico confrontata con quella di 10 anni prima! Una scorretta alimentazione, ipercalorica e macronutriente, ha contribuito, negli stessi anni, all’incremento del peso in modo rilevante, specie nelle età adolescenziali e negli adulti intorno ai 40-50 anni, presupposto al manifestarsi di importanti patologie quali l’obesità o il diabete o l’ipertensione o malattie dell’apparato cardiorespiratorio, nei confronti dei quali la prevenzione è fondamentale. Ma non solo: l’attività fisica, peraltro non panacea di tutti i mali, può divenire terapia, con indicazione ai carichi di lavoro individuali come se fosse una posologia medica, fra l’altro a costo “zero” se praticata nei parchi, o comunque all’aperto, sotto forma di corsa, camminata veloce, bicicletta, e via dicendo. Tutto ciò detto per dimostrare la assoluta validità dell’attività fisica come elemento essenziale, assieme all’alimentazione, in grado di modificare quegli “stili di vita” che oggi sono una costante del pensiero occidentale a proposito di salute e di prevenzione. Se poi lo sport ridiventa importante e divertente, magari a tutte le età, il risultato del lavoro della Medicina dello Sport sul territorio potrebbe definirsi soddisfacente, migliorabile e foriero di importanti prospettive per il futuro.
Il punto di vista dello psicologo
Dott.ssa Bruna Eliana, psicologa, psicoterapeuta sistemico-familiare, pallavolista. Presidente dell’Associazione l’Abbraccio che promuove il sostegno alle famiglie. Affiliata alla Società Marcé Italiana per la salute mentale perinatale. Svolge l’attività clinica psicoterapeutica presso lo Studio Aletheia di Ciriè
Il corpo è il primo strumento che abbiamo per conoscere il mondo, il primo mediatore delle relazioni con le figure di riferimento. Ci aiuta a personalizzare gli apprendimenti e a dare una impronta di noi, come persona unica ed originale, nella relazione con gli altri e con l’ambiente. Attraverso il corpo e il movimento il bambino scopre sé stesso e struttura una modalità di stare nella relazione con il mondo. In questo senso il movimento “guidato”, come quello che si fa durante l’attività sportiva, aiuta l’essere umano a sentire attraverso il proprio corpo la partecipazione a qualcosa di importante per se stesso. L’attività fisica dal punto di vista psicologico è una metafora efficace della vita, insegna la fatica, la frustrazione, la resilienza (concetto preso in prestito dalla fisica che, in psicologia, significa sapersi riorganizzare dopo un evento traumatico), ci aiuta a sviluppare le capacità di problem solving, di cooperazione e strategiche. In questo senso lo sport ha un valore altissimo in termini di formazione ed educazione della persona.
Generalmente siamo poco abituati ad osservare l’evento sportivo dal punto di vista educativo. Lo sport inteso in questo modo, invece, contribuisce alla formazione di una personalità equilibrata, che pone le basi per un’apertura a valori più alti, quali la cultura e la partecipazione sociale. Il contesto sportivo può essere utilizzato per affrontare le difficoltà, fornire strumenti per lo sviluppo e la crescita ed educare ad un modello di vita sostenibile e quindi lo sport, nella sua essenza più autentica e se ben utilizzato, può davvero costituire un elemento importante al servizio di una formazione equilibrata dei giovani. In particolare, nello sport di gruppo si possono individuare risorse preziose, messe a disposizione del singolo dal gruppo stesso.
Come ci ricorda la teoria dei sistemi “Nel Sistema l’intero risulta diverso dalla semplice somma delle parti e qualsiasi cambiamento in una sua parte, influenza l’intero sistema nel suo insieme”. Il gruppo può essere per il singolo fonte di sostegno e grande risorsa e anche il singolo può contribuire a portare energie positive all’interno del gruppo. Ogni gruppo permette ai suoi membri di stare bene, meglio che da soli, e al suo interno contiene fattori “terapeutici”, tra i quali infusione della speranza, universalità, informazione, altruismo, comportamento imitativo, coesione e apprendimento interpersonale.
Molto importante nello sport e nel gruppo è la figura di riferimento dei ragazzi: l’allenatore. Egli svolge un ruolo di mediazione tra il mondo dei ragazzi e quello degli adulti: è colui che potenzia le capacità tecniche e strategiche, comprende il disagio, aiuta ad uscire dalla frustrazione e condivide i sentimenti negativi che provocano le sconfitte. Favorisce l’adattamento nel gruppo dei pari e facilita le dinamiche di integrazione, valorizza gli atteggiamenti positivi e aiuta a comprendere e cambiare quelli negativi. A lui vengono richieste competenze diverse: tecniche, organizzative, educative e psicologiche che se ben amalgamate riescono a produrre risposte eccellenti sia dal punto di vista della performance sia in termini di sviluppo della personalità dei ragazzi.
Per tutti questi motivi, e non solo, è fondamentale porre molta attenzione alla dimensione psicologica dello sport come opportunità per crescere in maniera sana e positiva sia dal punto di vista del benessere fisico sia dal punto di vista emotivo e cognitivo.
Il punto di vista dell’osteopata e allenatore
Daniele Antonelli, laureato in Scienze Motorie, diplomato in Osteopatia membro del Registro degli Osteopati d’Italia.
Allenatore FIPAV di 3° grado 3° livello giovanile, Direttore di Scuola Federale di Pallavolo, Selezionatore Provinciale Torino maschile. È attualmente allenatore di pallavolo maschile in serie B nazionale, Direttore Tecnico di a.s.d. Pallavolo Valli di Lanzo.
L’organismo umano non è nato per l’inattività: il movimento gli è connaturato e una regolare attività fisica, anche d’intensità moderata, contribuisce a migliorare tutti gli aspetti della qualità della vita. A partire da quelli intimamente legati alla pratica motoria, come il miglioramento della funzionalità cardiaca, del funzionamento e dello stato dell’apparato muscoloscheletrico, del metabolismo e della composizione corporea, fino all’aspetto psicologico dove l’esercizio fisico garantisce benefici a livello emotivo, incrementando l’energia e rafforzando la prospettiva ottimistica della vita e l’immagine positiva di sé, riducendo i livelli di stress e delle tensioni nervose.
Al contrario, la scarsa attività fisica è implicata nell’insorgenza di alcuni tra i disturbi e le malattie oggi più frequenti: diabete di tipo 2, malattie cardiocircolatorie (infarto miocardico, ictus, insufficienza cardiaca), tumori.
Passando poi alla pratica sportiva, numerosi studi, hanno correlato un buon rendimento scolastico e migliori livelli nelle capacità di relazione, ai soggetti che praticano regolarmente sport.
Nonostante questi importanti e riconosciuti aspetti dell’attività motoria e sportiva, dopo un iniziale avvicinamento, una larga fetta della popolazione abbandona entro i 18 anni ogni tipo di attività, svolgendo, nella vita quotidiana, meno attività fisica di quanto raccomandato. Le attività motorie spesso sono viste come una fatica necessaria solo per la riabilitazione o per il dimagrimento, senza diventare parte integrante della vita e aspetto fondamentale per il corretto equilibrio dell’essere umano. La conoscenza e la gestione del proprio corpo sono affidate a sommarie e superficiali informazioni lontanissime dalla reale consapevolezza e coscienza.
Le ragioni sono molteplici e possono essere ricercate nel ruolo marginale che ha assunto l’educazione motoria nel programma scolastico, nella difficoltà di reperimento di esempi virtuosi nel contesto sociale di riferimento, nella disparità di considerazione diffusa tra atto motorio e atto intellettuale, nel martellamento mediatico incentrato su cibi e bevande ipercaloriche e su stili di vita sedentari. Per contrastare questa molteplicità di aspetti, diventa necessaria una presa di coscienza fin dall’età scolastica in quanto solo così la corretta attività motoria può diventare un aspetto importante ed integrato nella vita di ogni bambino che in futuro sarà un adulto più sano e un esempio virtuoso per le nuove generazioni.
La promozione di stili di vita sani è da intendersi quale “processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla” (secondo la “Carta di Ottawa” – sottoscritta dagli Stati appartenenti all’Organizzazione Mondiale della Sanità) e, per queste finalità, diventa necessaria la diffusione della pratica sportiva, veicolo di valori fondamentali (rispetto delle regole gestione delle frustrazioni, accettazione della sconfitta, impegno per il raggiungimento dei risultati) e, più in generale, la diffusione di atteggiamenti positivi verso qualsiasi forma di movimento, fattori imprescindibili per il corretto equilibrio dell’individuo e per una società più virtuosa.